di Mario Quadraroli

Entrare nelle opere di Valeria Nuzzo vuol dire, innanzitutto, fare i conti con determinati luoghi di emozioni culturali, luoghi che sono una forza interiore del suo lavoro all’interno di un circuito di trasmigrazioni del linguaggio espressivo realizzato però con sempre maggior desiderio di costruzione. E’ questa una appassionata necessità che l’accompagna nella ricerca dell’agire artistico.

Laureata in architettura, affianca alla professione un’intensa attività di ricerca scientifica in diversi ambiti; eredita da Bruno Munari la passione per le forme di espressione artistica dell’infanzia che la spinge ad occuparsi di progettazione didattica nel campo dell’educazione all’immagine, organizzando anche laboratori per sviluppare la naturale creatività dei bambini.

Ma lo spazio della necessità, che è l’anima dell’agire di Valeria Nuzzo, è anche il territorio su cui si esercitano le forze che la spingono verso la produzione artistica. Produzione artistica che si avvale di molteplici tecniche pittoriche ascrivibili all’alveo della “non forma”, essendo la concretizzazione di un istinto creativo, di una tensione estetica che sente il bisogno di esprimersi attraverso un controllo meno razionale dei mezzi visivi rispetto a quelli richiesti dalla progettazione architettonica, esigenza questa, che si manifesta spesso nel comportamento di un architetto, da Le Courbisier a Sant’Elia, da Giò Ponti a Ettore Sottsass, da Gae Aulenti a Valeria Nuzzo, appunto.

I suoi primi lavori a olio, spesso su tela a volte su tavola, sono composti da forme geometriche compatte e contrastanti tra colori chiari e colori scuri, atmosfere calde e atmosfere fredde, una sorta di saturazione che non mostra un centro generatore ma favorisce una composizione calibrata e razionale.

Più informale invece è la produzione più recente, ben documentata in questa mostra nella sede del FAI di Salerno, lavori dove la materia è più grezza se si tratta del bitume impastato con polvere di legno (materiali extra pittorici), o livida se si tratta di impasti di colore che vanno a costituire la prima stesura su supporti lignei su i quali Valeria agisce poi con movimenti rapidi e decisi di action painting con l’obiettivo di concepire l’opera delle  “dinamiche del comporre” .

Un’opera dove la materia è materia e il segno è segno!!

Accanto alla produzione astratto / informale, che compone il corpo primario dei suoi lavori, Valeria Nuzzo intende anche dar voce a momenti emotivi rielaborando suggestioni visive, facendo dialogare sulla tela, fra i colori, alcuni riferimenti alla figurazione, si tratta della serie dei “Pesci” dove l’idea figurale di questi sono il pretesto per articolare sulla superficie dipinta ambientazioni marine.

Un esempio, il suo, dove la pittura, privata da ogni esigenza di riproduzione illusionistica del reale, diventa testimonianza concreta e diretta dell’esistere dell’autore.