Le mie opere si iscrivono in una linea di ricerca espressiva che, da un lato può riferirsi all’astrattismo delle prime avanguardie figurative, dall’altro presenta contatti con la linea di ricerca astratto informale e materica. In altre opere si affaccia ancora il figurativo, espresso in forma lirica e talvolta surreale, per cui possono emergere, sulla superficie della tela, ambigue figure zoomorfe in dialogo fecondo con un tessuto di forme astratte.
Urgenze espressive
Il figurativo, l’immaginazione e l’infanzia
“Un dipinto non è più una costruzione di colori e linee, ma un animale, una notte, un pianto, un essere umano, forma un tutto indivisibile”
Christian Dotremont, Manifesto del Gruppo Cobra
“Ogni atto di immaginazione è un atto magico, una presa di possesso dell’oggetto desiderato”
Jorn
«La Natura (o ciò che ne vedo) mi ispira, mi mette, come ogni altro pittore, in uno stato emozionale che mi provoca un’urgenza di fare qualcosa», scrisse Mondrian, in un discorso tendente a fare chiarezza sulle sue scelte linguistiche di pura astrazione. In un contesto totalmente diverso, e ovviamente non con la pretesa di accostarmi al grande maestro, le sue parole descrivono bene aspetti delle urgenze espressive alla base della mia ricerca pittorica; urgenze che sono da un lato riferibili alla suggestione esercitata dalla realtà osservabile e percepibile, che mi mette in uno stato di febbre emozionale, dall’altra dalla pressione del mio mondo interiore, da una ricerca di scavo psicologico all’interno delle profondità del mio essere, che ho il bisogno di portare avanti, per cui l’andare a fondo di determinati meccanismi linguistici si configura anche come atto di scavo psicologico.
L’intonaco scrostato di un vecchio muro, le reti consumate dei pescatori, i colori del porto, il baluginio improvviso dei pesci e l’apparire e sparire di forme nelle profondità marine, le luci e le ombre della città notturna, le immagini della realtà tutta, filtrate dalla mia sensibilità estetica o dalla scrittura irrazionale della memoria, mi mettono in uno stato di urgenza di esprimermi, ma, allo stesso tempo non è mio interesse descrivere la realtà per come appare allo sguardo, ma solo ciò che di essa resta sedimentato nel mio profondo ad un livello di suggestione visiva. Dunque, anche nelle mie opere più decisamente astratte, è possibile trovare, nella materia grezza del bitume, nel contrasto cromatico, nel profilarsi di una forma, un vago riferimento al mondo delle apparenze visive.
Se la realtà mi motiva in tal senso, altre sollecitazioni provengono dalla pressione di una sfera immaginativa, dalla persistenza nella memoria di un patrimonio di immagini, di segni archetipici, inconsciamente archiviati, che, una volta depositati sulla tela, sembrano organizzarsi in un autonomo universo lirico di forme, che fuoriesce spesso innescato dal gesto e dal contatto con materiali non convenzionali (legno, segatura, bitume, argilla, etc.).
Alcune mie opere rimandano quindi in un modo del tutto immaginativo alla realtà: si tratta di esili suggestioni, come nella serie “Pesci” o in alcune opere in cui una natura primordiale e potente è rappresentata a tinte forti contornata da animali fantastici, eredità del mondo immaginativo dei bambini.
L’aver studiato a lungo il disegno infantile mi ha permesso di recuperare l’interesse per il segno primitivo e infantile, interesse che si è concretizzato nelle ultime ricerche che intendo portare avanti, che coinvolgono direttamente i bambini nella creazione dell’opera.
Spesso la matrice delle mie opere corrisponde all’urgenza di far risuonare nelle mie opere quel senso di mistero e quella capacità di parlare irrazionalmente che gli animali, gli oggetti, le città esercitano su di me.
Riferimenti e processi: tra materico informale e geometrico
Se la realtà vissuta mi sollecita in tal senso, la suggestione nutrita per il materico è stata senz’altro alimentata, oltre che dall’ammirazione per le opere di pittori quali Antoni Tàpies o Burri, ad esempio, sul cantiere, dalla mia attività di architetto, laddove ho esperito il potenziale estetico della materia grezza che non si dà ancora in una forma compiuta o dei materiali corrosi, lacerati, vissuti delle rovine o più banalmente degli edifici in degrado, nei quali può leggersi l’intervento dell’uomo con le sue storie e del tempo mentre, all’opposto, l’attività compositiva, essenziale al fare architettura, ha contribuito ad affinare le mie potenzialità di costruzione della forma.
D’altro canto la mia formazione teorica ed estetica è debitrice della fascinazione da sempre avvertita per i grandi pittori astrattisti delle prime avanguardie figurative, dunque della loro tensione a portare a verifica i meccanismi formali dell’immagine, ricerca puntualmente ritrovabile nelle mie opere, così come nella mia attività di ricercatrice e di insegnante, riferita alla lettura dell’immagine.
Così nelle mie realizzazioni “porto a ragionamento” le forme ed i colori, raffreddando la dimensione solo apparentemente casuale e spontanea presente nella genesi iniziale, che invece attinge ad una sfera immaginativa ed irrazionale, innescata dal gesto e dal contatto con i materiali (legno, segatura, bitume, etc…).
Molte mie opere quindi prendono avvio dalla materia grezza del bitume, steso sul supporto di legno con movimenti rapidi e decisi, in alcuni casi animati dalla violenza del gesto, che costituisce il primo strato su cui opero. La materia grezza – gettata sul supporto altrettanto grezzo, a tratti lasciato nudo, o impregnato di pigmenti e poi graffiato con tratti energici e violenti – è investigata così per le “sue” proprietà espressive e poi fatta interagire con lo smalto bianco ed il colore, per successive sovrapposizioni, che chiariscono, rafforzano o anche rinnegano la stesura originaria.
La genesi formale in questo caso prende avvio da alcuni segni che fungono da centri propulsori dinamici, che lasciano grandi margini di apertura alla composizione. A partire da questa genesi “emozionale”, che obbedisce ad un intimo desiderio espressivo, il procedere è più meditato, frutto di una razionalizzazione progressiva delle forme e dei colori fino al loro definitivo assetto in una composizione sentita coerente ed “appagante” delle pulsioni espressive originali, alla ricerca di un equilibrio, di forme e di colori, che devo sentire perfetto.
In altre produzioni l’ordito compositivo appare più compatto: questo accade quando la genesi iniziale non risente della passionalità del gesto ma nasce da una prefigurazione della forma.
Di recente, nell’ultimo anno, all’interno di una nuova direttrice di ricerca pittorica, ricompare una forte componente geometrica presente nelle mie primissime produzioni iniziali.
In queste ultime produzioni, dipinte con tecnica mista acrilico ed olio, masse colorate- calibrate in contrasti di saturazione, di complementari, di freddo caldo, di luminosità – si contrappongono, generando risultati tridimensionali e più o meno esili equilibri dinamici.
Nelle mie ultimissime produzioni, sto portando avanti, in una direzione diametralmente opposta, una linea espressiva di matrice informale materica che tenta di andare ancor più alla radice delle possibilità espressive della materia, che si fa essa stessa forma e colore, alla ricerca di una maggiore semplicità e dell’essenzialità del messaggio visivo.